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Se c’è stata perdita effettiva l'aiuto Covid non si restituisce

Sono agente di commercio dal 1991. Ad aprile del 2020, le mie vendite sono diminuite dell'81% rispetto all'aprile 2019; ho, quindi, chiesto e ottenuto il contributo, legato all'emergenza Covid, proposto dal Governo (articolo 25 del Dl 34/2020, recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19»). Normalmente, emetto la fattura entro i primi 15 giorni del mese successivo alle vendite, perché le aziende mandanti devono avere il tempo di effettuare i conteggi. Così feci anche nel 2020: a maggio, fatturai le provvigioni relative alle vendite effettuate nel mese di aprile. A distanza di quattro anni, l'agenzia delle Entrate mi chiede la restituzione dell'importo percepito, maggiorato di interessi, e il tutto raddoppiato a causa della sanzione. Chiedo all'esperto se è una richiesta fondata, dal momento che la diminuzione delle vendite relative al mese di aprile supera abbondantemente la quota del 33,3 per cento, che il decreto prevedeva come diminuzione minima per poter accedere al ristoro. La motivazione che viene addotta è che nei corrispettivi del mese di aprile (provvigioni riferite alle vendite di marzo) si evidenziava una diminuzione del 31,5% rispetto al 2019 e, quindi, non avevo diritto al contributo. Tuttavia, è nel mese di aprile 2020 che ho venduto l'81% in meno rispetto all'aprile 2019, e il ristoro era previsto per il calo di vendite di aprile, che ho fatturato a maggio.

Dividendi, niente acconti se c’è ritenuta alla fonte

In relazione ai versamenti degli acconti di imposta di giugno e novembre 2024, un soggetto (persona fisica, non imprenditore) si trova nella situazione di non avere versato alcun acconto, ritenendo di non avere redditi aggiunti soggetti a Irpef nell'anno d’imposta 2024, mentre, in sede di dichiarazione dei redditi, è emerso un dividendo proveniente da una partecipazione di fonte estera, soggetto a imposta sostitutiva del 26 per cento. Gli acconti d’imposta 2024 dovevano tenere conto anche di questo dividendo? In caso affermativo, è possibile rimediare con il ravvedimento operoso, ed evitare maggiori sanzioni?

ll versamento ante notifica salva dall'accertamento Imu

In data 2 settembre 2025, un ente locale ha emesso un avviso di accertamento Imu per l'anno 2020, che è stato notificato al contribuente il 30 settembre 2025. Nel frattempo, e precisamente il 25 settembre 2025, il contribuente aveva provveduto al pagamento dell'Imu 2020, avvalendosi dell'istituto del ravvedimento operoso. Si chiede se - a fronte della presentazione del contribuente dell'istanza di autotutela - è legittimo l'annullamento dell'avviso di accertamento, dal momento che la notifica dell'atto è avvenuta successivamente al pagamento dell'imposta.

Cpb, la possibile decadenza legata a costi indeducibili

Un’impresa ha aderito al concordato preventivo biennale (Cpb) per il 2024-2025. In sede di accertamento, l’Amministrazione finanziaria contesta costi indeducibili relativi al 2023, per un importo inferiore al 30% dei ricavi dichiarati nel 2023, ma superiore al 30% del reddito relativo allo stesso anno. Si chiede se, nel caso descritto, l’impresa decade dal Cpb.

Doppia proroga per la notifica dell'accertamento per il 2017

L’agenzia delle Entrate in data 20 marzo 2023 notificava a una società l'invito a produrre documentazione relativa all’anno 2017. La documentazione è stata prontamente fornita entro i termini. In data 6 marzo 2024, l'Agenzia inviava invito a comparire fissando la data del 18 marzo 2024 per il contraddittorio. In data 13 maggio 2024, l’Ufficio notifica l’avviso di accertamento. In contenzioso, l’agenzia delle Entrate ritiene che la notifica sarebbe tempestiva grazie a una doppia proroga: quella di 85 giorni, legati all'emergenza Covid, e quella di 120 giorni prevista dall'articolo 5, comma 3-bis, del Dlgs 218/1997. È corretto, anche se in base all’articolo 67 del Dl 18/2020 l’avviso di accertamento doveva essere notificato entro il 25 marzo 2024 (anno bisestile)?

La cartella pagata al 100% da uno dei comproprietari

Avevo un immobile, seconda casa, in comproprietà con mia moglie. Dal 2021, anno in cui abbiamo divorziato, l'immobile è diventato di mia proprietà esclusiva. Un ente di riscossione mi ha recapitato una cartella di pagamento per l'Imu 2018, non versata. L'immobile, all'epoca, era mio solo al 50 per cento, ma mi viene contestata l'Imu intera. La stessa cosa l'ente ha fatto con la mia ex moglie, la quale ha già chiuso la pratica pagando la cartella. Vorrei sapere se, a questo punto, sono ugualmente tenuto a pagare questa cartella e, anche, se c'è un tetto massimo per quanto riguarda gli oneri di riscossione. Lo chiedo perché, a 237 euro di accertamento del Comune (per Imu, interessi, sanzioni e spese), sono stati aggiunti circa 180 euro di oneri e accessori per un pagamento in quattro rate.

La rettifica del quadro RU dopo l'adesione al Cpb 2023

Un'azienda, che ha aderito al concordato preventivo biennale (Cpb) per l'anno 2023, deve presentare una dichiarazione integrativa per il medesimo anno, ai fini della rettifica del quadro RU, senza pagamento di imposte. È corretto che l'azienda rinvii la dichiarazione, comprendente anche i dati dell'adesione del concordato, variando il quadro RU con il pagamento di una sanzione di 41,667 euro, pari a un sesto dell'importo minimo di 250 euro?

L’errore sull’anno indicato in F24: gli effetti e i rimedi

Redigendo un modello F24, nella sezione Erario, ho indicato erroneamente l'anno 2023, invece del 2024. Ho presentato istanza di correzione all'ufficio competente dopo circa due mesi, e mi è stato risposto che non era possibile procedere alla correzione, perché la dichiarazione 2024 era in fase di liquidazione. Ho provato con il servizio Civis, ma, anche in questo caso, il tentativo di correzione non è andato a buon fine, in quanto il sistema risponde che non si può intervenire, essendo i tributi stati abbinati. Devo aspettare la cartella di pagamento?

Ramo d’azienda: affittuario «estraneo» ai debiti pregressi

La responsabilità in solido, anche per i debiti tributari, del cessionario, nel caso di acquisto di ramo d'azienda, è applicabile alle stesse condizioni anche al locatario, in caso di affitto di ramo d'azienda? Di che cosa risponde il locatario in caso di recesso dal contratto?

L'avviso di liquidazione tardivo va impugnato tempestivamente

Il 21 gennaio 2019 è stata pubblicata una sentenza di divisione in cui ero parte. e l'11 dicembre 2024 (quindi a distanza di oltre 5 anni) ho ricevuto l'avviso di liquidazione per il pagamento dell'imposta di registro sulla registrazione della sressa. L'avviso di liquidazione non è stato impugnato e da poco mi è pervenuta la relativa cartella esattoriale. Poiché l’agenzia delle Entrate decade dal diritto di riscuotere le somme relative all’imposta di registro su una sentenza se non ne richiede il pagamento nel termine di 5 anni dal giorno in cui doveva avvenire la registrazione, e cioè entro 5 giorni dalla pubblicazione, nel mio caso avrei dovuto l'avviso di liquidazione entro il 27 gennaio 2024. Vorrei sapere se posso impugnare la cartella esattoriale per prescrizione del diritto di richiedere le somme relative all’imposta di registro anche se non ho impugnato l'avviso di liquidazione.

Come il ravvedimento sugli Isa può salvare il concordato

Il ravvedimento ex articolo 22, comma 3, del Dlgs 13/2024, effettuato al fine di sanare i dati Isa allegati alla dichiarazione del redditi del 2023, che è a base del concordato preventivo per il biennio 2024-2025 (con il fine di evitarne, al verificarsi delle condizioni previste, la decadenza), si concretizza nella sola presentazione di una dichiarazione integrativa pagando la sanzione di 250 euro (ridotta a un ottavo), oppure occorre pagare anche le imposte sul maggior reddito concordato, variato con i nuovi dati degli Isa (indici sintetici di affidabilità)? Si ipotizzi, per esempio, un reddito concordato di 100 sulla base degli Isa presentati nel 2024. Si riceve una comunicazione di irregolarità degli Isa e si procede con la correzione. Da tale correzione, emerge che il reddito concordato sarebbe stato di 140 (maggiore di oltre il 30 per cento) e, pertanto, per evitare la decadenza, si è presentata la dichiarazione integrativa. Il ravvedimento si esaurisce nella sola presentazione della dichiarazione con i dati Isa variati, oppure occorre anche pagare le imposte su 140, e non più su 100?

Termine generale di 10 anni per conservare i documenti

Dovendo procedere al parziale smaltimento dei documenti fiscali cartacei archiviati, vorrei sapere fino a quale periodo d'imposta, con dichiarazioni regolarmente presentate e non contestate, l'attività di accertamento da parte dell'agenzia delle Entrate può considerarsi decaduta per intervenuta prescrizione dei termini, tenendo conto, in particolar modo, delle sospensioni e degli allungamenti dei termini via via intervenuti.